Non sono io, sei tu: schemi del se e del partner, depressione e qualità della relazione

La depressione è associata con molte difficoltà interpersonali ed in particolare all’interno delle relazioni intime. Sono molti gli studi e le conoscenze che abbiamo su come la depressione va ad agire negativamente sulla rappresentazione che la persona ha di sé stessa e di come questa rappresentazione può portare comportamenti interpersonali disadattivi. Nonostante questo, nessuno mai ha studiato come la depressione possa creare anche una rappresentazione del partner, oltre alla propria, negativa e questo rappresenta un fattorie di rischio per il distress relazionale. In uno studio su 291 studenti universitari di JL. Wilde e D. Dozois, della “University of Western Ontario”, è stata dimostrata l’ipotesi che nella depressione la rappresentazione del partner è speculare alla rappresentazione del sé (condivide simili informazioni negative). I risultati hanno anche mostrato come la rappresentazione del partner è associata con la qualità della relazione. Questi risultati hanno implicazioni importanti per capire il collegamento tra fattori cognitivi di rischio, relazioni disfunzionali, e sintomi depressivi.

FONTE ORIGINALE https://www.researchgate.net/publication/325910890_It’s_Not_Me_It’s_You_Self-_and_Partner-Schemas_Depressive_Symptoms_and_Relationship_Quality

Sintesi e traduzione della ricerca a cura del Dottor Leandro Cavaliere, laureato in Neuroscienze presso l’Università degli Studi di Padova. Per info e contatti leandro.cavaliere1@gmail.com tel-3341652502

GLI EFFETTI NEURALI DELL’INNAMORAMENTO E DELL’AMORE

Molte ricerche sono state fatte riguardo l’innamoramento e su come questo fenomeno esplode. Secondo studi recenti questo processo impiegherebbe dai 90 secondo ai 4 minuti, innescando numerose azioni involontario come la dilatazione delle pupille. Attraverso questo meccanismo il nostro partner diventa per il nostro cervello una sorta di droga, quindi la sua presenza rilascia, a livello neurochimico, scostante che ci fanno stare bene come Dopamina, Noradrenalina, Feniletilamina e successivamente Ossitocina. Tuttavia questa fase di innamoramento è destinata a finire, in media dura 12-18 mesi, e le sostanze dette precedentemente non vengono più prodotte.

Proprio per queste ragioni una recente ricerca dei professori Richard Schwartz e Jacqueline Olds, dell’Harvard Medical School (HMS), ha indagato quali siano gli elementi che portano ad una maggiore stabilità di coppia, anche dopo aver superato la fase di innamoramento. I due professori hanno dimostrato che le coppie più solide sono quelle che non basano le proprie scelte del partner sulla valanga emotiva iniziale, bensì su una serena frequentazione. Inoltre è stato evidenziato che dopo la fase di innamoramento queste coppie continuano ad essere legate grazie alla produzione di endorfine: proteine prodotte dal cervello che hanno un effetto calmante.

FONTE ORIGINALE https://neuro.hms.harvard.edu/harvard-mahoney-neuroscience-institute/brain-newsletter/and-brain/love-and-brain?fbclid=IwAR2qAJw3AXwxsN5rrLeWkxYfqMfHaR9LXIU3tCHinmpNCN_zKdwerJIfStQ

Sintesi e traduzione della ricerca a cura del Dottor Leandro Cavaliere, laureato in Neuroscienze presso l’Università degli Studi di Padova. Per info e contatti leandro.cavaliere1@gmail.com tel-3341652502

LE BASI NEURALI DELL’AMORE ROMANTICO

I correlati neurali di molti stati emozionali sono stati precedentemente studiati, anche grazie all’uso dell’ fMRI. Nonostante questo, nessuno aveva mai studiato il substrato neurale di uno dei più travolgenti degli stati affettivi, l’amore romantico. Bartels A. e Zeki S., del dipartimento di neurologia cognitiva, university college london, hanno studiato per la prima volta questo tipo di sensazione. È stata misurata l’attività cerebrale, mediante fMRI, in 17 soggetti che erano profondamente innamorati mentre vedevano immagini del proprio partner, comparata con l’attività prodotta vedendo immagini di tre amici di simile età, sesso e durata dell’amicizia/fidanzamento. È stata osservata attivazione bilaterale nell’insula mediale, nella corteccia cingolata anteriore e, a livello sottocorticale, nel nucleo caudato e putamen. Deattivazioni sono state osservate bilateralmente nel giro cingolato posteriore e nell’amigdala, e nella corteccia prefrontale, parietale e medio temporale dell’emisfero destro. La combinazione di queste zone differisce da quelle studiate precedentemente, suggerendo che esiste un network di attivazioni unico per l’amore romantico. Questo ci fa ipotizzare che il principio della specializzazione funzionale nel cervello si applica anche agli stati affettivi. Per quanto riguarda il significato delle aree attive vanno condotti maggiori studi per capire meglio come vanno ad agire tra di loro, anche se comunque tutte le aree cerebrali attive fanno parte di un circuito che comprende attivazioni emozionali.

Infine, molto interessante è come le attivazioni ed in particolari le deattivazioni osservate in questo studio sono localizzate in aree molto vicine al circuito dopaminergico attivo per esempio durante l’assunzione di dopamina e prettamente collegato allo stato euforico. Questo suggerisce un potenziale collegamento, a livello cerebrale, tra l’amore romantico e lo stato euforico.

FONTE ORIGINALE https://faculty.uca.edu/rnovy/neural%20basis%20of%20love.htm

Sintesi e traduzione della ricerca a cura del Dottor Leandro Cavaliere, laureato in Neuroscienze presso l’Università degli Studi di Padova. Per info e contatti leandro.cavaliere1@gmail.com tel-3341652502