L’ATTACCO AL LEGAME

L’attacco al legame è una modalità che viene messa in atto all’interno di una relazione da parte di uno dei due partner.
Se uno dei due partner presenta forti tratti di ambivalenza affettiva (come i borderline o i bipolari) oscilla costantemente fra il ‘ti amo’ ed il ‘ti odio’, fra idealizzazione e svalutazione dell’altro e della relazione. Inoltre tale partner ha una profonda paura di legarsi perchè ha paura di soffrire se la relazione dovesse finire.
Ed ecco che periodicamente attacca il legame per non legarsi troppo, per evitare di amare, per non soffrire, sortendo gli effetti opposti a quelli prefissi. Infatti più ‘attacca’ e più si lega, più soffre, più aumenta la sua paura della separazione. Tutto questo si riverbera sull’altro partner che subisce l’attacco in maniera speculare. Diventa necessario prendere atto di tale modalità relazionale al fine di poterla superare.

Una possibile terapia per evitare l’Attacco al Legame la possiamo ritrovare nel seguente brano del poeta Gibran:

Amatevi, ma non tramutate l’amore in un legame. Lasciate piuttosto che sia un mare in movimento tra le sponde opposte delle vostre anime. Colmate a vicenda le vostre coppe, ma non bevete da una stessa coppa. Scambiatevi il pane, ma non mangiate da un solo pane. Cantate e danzate insieme e insieme siate felici, ma fate in modo che ognuno di voi sia anche solo, come sono sole le corde di un liuto, sebbene vibrino alla stessa musica. Mettetevi fianco a fianco, ma non troppo vicini. Perché la quercia non si rialza all’ombra del cipresso

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavaliere@iltuopsicologo.it

Non sono io, sei tu: schemi del se e del partner, depressione e qualità della relazione

La depressione è associata con molte difficoltà interpersonali ed in particolare all’interno delle relazioni intime. Sono molti gli studi e le conoscenze che abbiamo su come la depressione va ad agire negativamente sulla rappresentazione che la persona ha di sé stessa e di come questa rappresentazione può portare comportamenti interpersonali disadattivi. Nonostante questo, nessuno mai ha studiato come la depressione possa creare anche una rappresentazione del partner, oltre alla propria, negativa e questo rappresenta un fattorie di rischio per il distress relazionale. In uno studio su 291 studenti universitari di JL. Wilde e D. Dozois, della “University of Western Ontario”, è stata dimostrata l’ipotesi che nella depressione la rappresentazione del partner è speculare alla rappresentazione del sé (condivide simili informazioni negative). I risultati hanno anche mostrato come la rappresentazione del partner è associata con la qualità della relazione. Questi risultati hanno implicazioni importanti per capire il collegamento tra fattori cognitivi di rischio, relazioni disfunzionali, e sintomi depressivi.

FONTE ORIGINALE https://www.researchgate.net/publication/325910890_It’s_Not_Me_It’s_You_Self-_and_Partner-Schemas_Depressive_Symptoms_and_Relationship_Quality

Sintesi e traduzione della ricerca a cura del Dottor Leandro Cavaliere, laureato in Neuroscienze presso l’Università degli Studi di Padova. Per info e contatti leandro.cavaliere1@gmail.com tel-3341652502

GLI EFFETTI NEURALI DELL’INNAMORAMENTO E DELL’AMORE

Molte ricerche sono state fatte riguardo l’innamoramento e su come questo fenomeno esplode. Secondo studi recenti questo processo impiegherebbe dai 90 secondo ai 4 minuti, innescando numerose azioni involontario come la dilatazione delle pupille. Attraverso questo meccanismo il nostro partner diventa per il nostro cervello una sorta di droga, quindi la sua presenza rilascia, a livello neurochimico, scostante che ci fanno stare bene come Dopamina, Noradrenalina, Feniletilamina e successivamente Ossitocina. Tuttavia questa fase di innamoramento è destinata a finire, in media dura 12-18 mesi, e le sostanze dette precedentemente non vengono più prodotte.

Proprio per queste ragioni una recente ricerca dei professori Richard Schwartz e Jacqueline Olds, dell’Harvard Medical School (HMS), ha indagato quali siano gli elementi che portano ad una maggiore stabilità di coppia, anche dopo aver superato la fase di innamoramento. I due professori hanno dimostrato che le coppie più solide sono quelle che non basano le proprie scelte del partner sulla valanga emotiva iniziale, bensì su una serena frequentazione. Inoltre è stato evidenziato che dopo la fase di innamoramento queste coppie continuano ad essere legate grazie alla produzione di endorfine: proteine prodotte dal cervello che hanno un effetto calmante.

FONTE ORIGINALE https://neuro.hms.harvard.edu/harvard-mahoney-neuroscience-institute/brain-newsletter/and-brain/love-and-brain?fbclid=IwAR2qAJw3AXwxsN5rrLeWkxYfqMfHaR9LXIU3tCHinmpNCN_zKdwerJIfStQ

Sintesi e traduzione della ricerca a cura del Dottor Leandro Cavaliere, laureato in Neuroscienze presso l’Università degli Studi di Padova. Per info e contatti leandro.cavaliere1@gmail.com tel-3341652502